Il progetto edificatorio di padre Caimi trovò felice concretizzazione, a partire dal primo Cinquecento, nelle straordinarie capacità narrative e comunicative di Gaudenzio Ferrari (Valduggia ca. 1476 – Milano 1546), pittore, scultore e architetto. Gaudenzio lavora intensamente al Sacro Monte per circa quindici anni (1513 – 1528); piano piano, però, andava affievolendosi l’idea di riprodurre i sacri luoghi della vita di Gesù in favore di un’illustrazione cronologica della storia che verrà affermata definitivamente nella seconda metà del secolo.
Gaudenzio racconta alcuni episodi del Vangelo conferendo un senso di freschezza, emozione e semplicità quotidiana. Nelle sculture e negli affreschi ritrae personaggi veritieri che ogni fedele avrebbe potuto incontrare passeggiando tra le contrade di Varallo o nei sentieri verso gli alpeggi valsesiani: ne sono esempi meravigliosi il pastore di Rimella, l’anziano senza denti, la zingara con i bambini, il giudeo gozzuto, la nobildonna. I francescani apprezzarono profondamente l’immediatezza espressiva delle opere del maestro poiché attraverso i personaggi, gli ambienti e il senso del viaggio suggerito dalla morfologia del Sacro Monte il racconto si rendeva facilmente comprensibile e credibile. Gaudenzio realizzò quindi, nelle sue cappelle, una sorta di modello narrativo che, nei decenni successivi, verrà intenzionalmente imitato e seguito dai maestri successivi, anche su richiesta della supervisione religiosa.
Nel 1514 vedeva la luce la prima operetta descrittiva del luogo, redatta dai francescani e intitolata “Questi sono li misteri che sono sopra al monte de Varade”, una vera e propria guida alla comprensione e alla visita del complesso in via di edificazione: si tratta di un documento storico di eccezionale valore poiché tratteggia in modo semplice, con piccole preghiere e prosa, la fisionomia del Sacro Monte nel tempo più prossimo alla fondazione di padre Caimi.
La seconda metà del Cinquecento è caratterizzata da una riprogettazione radicale del Sacro Monte ad opera dell’architetto perugino Galeazzo Alessi. Tra il 1565 e il 1569 Alessi prepara un manuale manoscritto, noto come “Libro dei Misteri” oggi conservato presso la Biblioteca Civica di Varallo, nel quale il Sacro Monte viene trasformato in una vera e propria cittadella abbellita da fontane, siepi, giardini e tempietti (non più semplici cappellette). Il progetto alessiano non trova accoglimento da parte dei frati poiché alterava la concezione originaria del luogo; scaturirono, al riguardo, decisi contrasti fra i frati e i rappresentanti delle famiglie nobili e notabili di Varallo, reggenti della fabbriceria laica, che verranno conciliate dall’arcivescovo di Milano Carlo Borromeo, in visita al Sacro Monte tra il 1571 e il 1584, con l’accoglimento di una piccola parte delle modifiche introdotte dal “Libro dei Misteri”.