Antonio D’Enrico, meglio conosciuto con il patronimico “Tanzio”, viene indicato con un nomignolo che deriva, probabilmente, dal dialetto di Alagna: “Anz” identifica il nome italiano “Giovanni”, ovvero il nome di suo padre. Della formazione giovanile, precedente al viaggio a Roma del 1600, sappiamo poco. Possiamo ipotizzare che, essendo l’ultimo di sette fratelli, sia stato seguito dal fratello maggiore Giovanni e iniziato prima all’arte scultorea e, in un secondo tempo, a quella pittorica.
Certo è che, nell’anno del Giubileo, partì per la capitale e conobbe le opere di Caravaggio e di altri caravaggeschi (come Serodine, Gentileschi) che entreranno a far parte del suo modo di dipingere, tanto da fruttargli l’appellativo di “Caravaggio delle Alpi”. In Italia centrale Tanzio rimarrà una quindicina di anni circa. Tornato in Valsesia, si occupò intensamente di opere nelle quali il suo stile, di un verismo vigoroso, si coniuga a un’indagine cruda della miseria umana.
La sua acuta personalizzazione caravaggesca nel ritrarre il dato reale rivela un’inclinazione verso il secondo manierismo lombardo-piemontese dei contemporanei lombardi (Cerano, Morazzone, Procaccini). Si spense a soli 58 anni, nel 1633, nel convento di Santa Maria delle Grazie a Varallo.